La Strage di Bronte e il coinvolgimento di Horatio Nelson

L’ammiraglio Horatio Nelson, eroe britannico osannato e antagonista dei rivali francesi, sembra non avere nulla a che fare con la spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi. Tuttavia, il suo nome è coinvolto indirettamente, tramite i suoi eredi, in ciò che i giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo definiscono “la perdita dell’innocenza” dell’impresa dei Mille: i fatti di Bronte, un luogo simbolo del tradimento delle plebi meridionali.

La vicenda ha inizio nel 1798, quando Nelson protegge Ferdinando IV di Borbone e sua moglie Maria Carolina d’Austria dalla minaccia delle truppe francesi, ristabilendo la coppia reale sul trono di Napoli. La regina Maria Carolina ha una fidata consigliera, l’avventuriera inglese Emma Hamilton, che rimane coinvolta sentimentalmente con Nelson e il marito.

Emma Hamilton esercita un forte ascendente su Nelson, persuadendolo a giustiziare un gran numero di insorti repubblicani a Bronte, anche se Fabrizio Ruffo, Comandante Generale del Re, aveva garantito loro salvezza. L’ammiraglio converte la pena dell’ergastolo inflitta all’ammiraglio napoletano Francesco Caracciolo, che conosceva personalmente, in una condanna a morte.

In seguito a queste azioni, Ferdinando IV si sente in debito verso Nelson e gli conferisce il titolo di Duca di Bronte, insieme a un vasto feudo, noto come Ducea di Nelson, che comprende anche il comune di Bronte.

Dopo la morte di Nelson, i suoi eredi mantengono il titolo e la proprietà della Ducea di Bronte, che continua a essere gestita come un feudo con poteri di vita e morte sugli abitanti del comune. Gli abitanti di Bronte, inclusi contadini e braccianti, rimangono soggetti ai nuovi duchi come lo erano stati all’Ospedale di Palermo, predecessore dei Nelson nel feudo.

Il comune di Bronte aveva una controversia aperta con l’Ospedale, poiché la donazione del feudo nel 1491 non era legittima. Durante il governo dell’Ospedale, i contadini avevano perso i loro diritti civici, tra cui il pascolo e il diritto di fare legna nei boschi.

La situazione rimane immutata fino alla spedizione dei Mille di Garibaldi nel 1860. I contadini di Bronte, entusiasti dei proclami di giustizia e libertà di Garibaldi, sperano in un cambiamento nella loro condizione. Tuttavia, la rivolta a Bronte si trasforma in un violento scontro tra i Ducali, i rappresentanti dei duchi, e i Comunisti, sostenitori del comune, che culmina con la morte di sedici persone.

Garibaldi invia il suo luogotenente Nino Bixio a Bronte per gestire la situazione. Bixio organizza un processo sommario in cui cinque rivoltosi vengono condannati a morte per fucilazione, tra cui l’avvocato Nicolò Lombardo, un membro della borghesia coinvolto nella rivolta.

Il processo contro gli altri rivoltosi si conclude nel 1863, con 37 condanne ma nessuna pena di morte. Tuttavia, il trattamento dei contadini di Bronte rimane immutato per molto tempo, con pochi miglioramenti nelle loro condizioni di vita.

Garibaldi, influenzato dagli interessi degli inglesi e il loro sostegno finanziario alla spedizione dei Mille, non riesce a portare il cambiamento promesso ai contadini di Bronte, poiché deve proteggere gli interessi della Duchessa di Bronte, che è una delle eredi di Nelson.

Solo tra il 1963 e il 1965, dopo anni di lotte, i contadini ottengono la redistribuzione delle terre della Ducea di Bronte. Nel 1981, l’ultimo erede dei Nelson vende al comune di Bronte ciò che rimane della loro proprietà, con l’eccezione del piccolo cimitero inglese e del titolo di Duca di Bronte.

La storia dei Fatti di Bronte è poco nota e poco raccontata nei libri di storia, ma è una vicenda che getta una luce oscura sulla realtà dell’Unità d’Italia e sulle aspettative disattese della popolazione. La rivolta di Bronte rappresenta il naufragare di un sogno di libertà e indipendenza, schiacciato dagli interessi personali e politici.

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