La storia dell’Inquisizione è segnata da una particolare attenzione nei confronti dei maghi e delle streghe, ma sorprendentemente questa persecuzione si intensificò solo dopo la Riforma Protestante. La storiografia più recente ha dimostrato come questi individui siano diventati oggetto di crescente preoccupazione per l’Inquisizione nel corso dei secoli XVI e XVII.
Uno dei principali ostacoli che gli inquisitori affrontavano riguardava la mancanza di trattati disponibili in italiano volgare, dato che non tutti padroneggiavano il latino, la lingua utilizzata comunemente nelle pratiche inquisitorie. Questa lacuna rendeva difficile l’identificazione e il processo corretto di maghi e streghe.
La situazione cambiò nel 1621, quando un frate domenicano di nome Eliseo Masini, noto come giudice della Fede, pubblicò un volume intitolato “Sacro arsenale overo Prattica dell’Officio della Santa Inquisitione”. Questo manuale pratico divenne estremamente popolare e fu di grande aiuto per gli inquisitori nel riconoscimento delle figure magiche e nel portare avanti i processi con maggiore competenza.
La versione del manuale che abbiamo preso in esame è una ristampa del 1693, curata da Tommaso Menghini, uno dei successori di Masini presso l’Inquisizione anconetana. Questo prezioso testo identifica diversi casi per i quali un individuo poteva finire sotto processo del Santo Uffizio, tra cui: 1) eresia o sospetto di eresia; 2) affiliati ad eretici o sospettati di esserlo (coloro che sostenevano gli eretici); 3) praticanti di negromanzia, malefici, stregonerie e incanti; 4) bestemmia ereticale; 5) offesa e resistenza al Santo Uffizio.
Per comprendere meglio il concetto di eresia, occorre notare che gli eretici erano coloro che insegnassero o predicassero dottrine contrarie alle Sacre Scritture, ai Sacramenti, alle cerimonie religiose, all’autorità del Pontefice e alle Tradizioni Apostoliche. Questa categoria includeva anche coloro che abbandonavano la Fede Cattolica per aderire ad altre religioni, come l’Islam, l’Ebraismo o altre Sette.
I sospettati di eresia, invece, erano individui meno gravi nell’accusa. Essi includevano coloro che abusavano dei Sacramenti (come battezzare oggetti inanimati o utilizzare acqua benedetta o il corpo di Cristo in modo inappropriato), dileggiavano le immagini sacre o la Santa Croce, leggevano libri censurati nell’Indice, non seguivano la pratica cattolica (come coloro che non si confessavano, non facevano la comunione o addirittura non andavano a messa), e chi somministrava i sacramenti senza essere ordinato, ascoltava prediche eretiche, ecc.
Ma cosa rendeva medievali i maghi e le streghe? Queste figure abbondavano in molti luoghi italiani e al di fuori dell’Italia, richiedendo particolare diligenza da parte degli inquisitori. Si presumeva che facessero un patto con il Demonio, sia in modo implicito che esplicito, per sé stessi o per altri.
Le caratteristiche medievali dei maghi e delle streghe includevano:
- Il presunto potere di imprigionare demoni o creature oscure all’interno di oggetti come anelli, specchi, medaglie e ampolle.
- Presunte prove di aver venduto anima e corpo al Diavolo, rinnegando la Santa Fede Cattolica, giurando fedeltà al Demonio, talvolta con il proprio sangue.
- Partecipazione a raduni notturni noti come “striozzo”, considerati banchetti con il demonio secondo le spiegazioni dell’epoca.
- Pratiche malefiche che coinvolgevano creature dotate o meno di ragione, sacrificandole in onore del Demonio.
- Invocazione del Demonio con richieste di grazia, inginocchiandosi e accendendo candele o altre luci, utilizzando titoli come “Angelo Santo”, “Angelo Bianco” o “Angelo Negro”, coinvolgendo persino persone vergini in questi rituali. Alcuni testi menzionano incanti specifici come “cinque dita metto al muro cinque Diavoli scongiuro” e simili.
- Richiesta al Demonio di compiere atti impossibili, come forzare la volontà umana o prevedere eventi futuri che dipendevano dal libero arbitrio delle persone.
- Uso di cose sacre, come i Sacramenti, le cose sacramentali e benedette, e parole tratte dalla divina Scrittura, nelle pratiche diaboliche.
Il testo menziona inoltre pratiche come mettere fave o altri oggetti sopra gli altari durante la messa, utilizzare orazioni non approvate dalla Chiesa, pregare per suscitare amore disonesto e affermare di conoscere cose future o nascoste.
Un aspetto curioso riguarda il termine “striozzo”, spiegato da Girolamo Tartarotti nel 1743 come “banchetto notturno delle streghe con il demonio”. Questo chiarisce l’uso del termine nella descrizione delle pratiche delle streghe dell’epoca.
È importante notare che l’Inquisizione procedeva con la massima cautela nei confronti delle persone accusate di stregoneria. Prima di procedere con l’arresto, gli inquisitori dovevano assicurarsi di avere prove chiare e documentate di ciascun delitto presunto. La tortura, qualora fosse stata impiegata, era l’ultima risorsa dopo aver esaminato attentamente tutte le prove e aver consultato medici e periti. L’Inquisizione dimostrò quindi un livello sorprendente di “modernità” nelle sue procedure, garantendo il rispetto del principio di presunzione di innocenza.
Le pratiche magiche e l’accusa di stregoneria hanno affascinato e spaventato le menti delle persone per secoli. Sebbene la superstizione e la curiosità verso l’ignoto abbiano svolto un ruolo significativo in queste credenze, è fondamentale capire che l’Inquisizione trattava con cautela e attenzione ogni caso di stregoneria, cercando prove concrete prima di procedere con eventuali punizioni.
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